Le cartucce filtranti, come devono rispondere al dm 25 ?
A due anni dalla pubblicazione del Decreto Ministeriale 25 e delle successive linee guida, vi è ancora parecchia confusione su come devono rispondere i diversi sistemi di filtrazione.Parecchi sono rimasti legati concettualmente, in maniera sbagliata, alla "certificazione" intesa come approvazione. In effetti il vecchio DM 443, prevedena il rilascio di una autorizzazione alla messa in commercio, che per molti veniva scambiata per approvazione. Nel DM 25 non è presente nessun vincolo di autorizzazione preventiva o qualsivoglia autorizzazione.
La ratio legis ossia lo spirito della legge è ben diverso.
La legge attualmente in vigore impone a tutti i soggetti operanti nel settore di lavorare al meglio per garantire l'utenza da qualsiasi rischio per la salute (e per il portafoglio)
I prodotti commercializzati oltre a rispondere ai requisiti di salubrità devono essere corredati da istruzioni ed informazioni veritiere, scientificamente provate.
I dati di targa e le prestazioni dei sistemi di filtrazione devono avere un riscontro oggettivo. Non basta dire: il carbone attivo è risaputo rimuove il cloro e i suoi composti quindi il filtro che proponiamo sicuramente lo rimuove.
E' necessario che i dati di targa e le prestazioni siano validati con analisi sulla loro efficacia nel trattamento dell'acqua potabile. Se devo immettere sul mercato, ad esempio, un impianto ad osmosi inversa devo definire quali sono le sue azioni sull'acqua potabile. Per fare questo quindi dovrò testatare l'impianto con un'acqua "tipo" e dire quali sono le azioni dell'osmosi sull'acqua presa in esame, cosa rimuove, in quale percentuale e per quale portata / durata.
Un singolo componente anche se è il cuore del sistema di filtrazione, non può essere validato come sistema a se stante.
Una singola cartuccia anche delle migliori non è sufficiente a dire che tutto il sistema è sicuro e valido. Sicuramente può essere validato nelle sue caratteristiche, anzi sarebbe opportuno che le case costruttrici indicassero le performances delle parti di ricambio e la corretta procedura per la sostituzione di esse.Ben fanno i produttori e gli importatori che eseguono test sulla qualità e sulla durata delle cartucce, meno bene fanno gli assemblatori che utilizzano queste certificazioni per rivendicare l'omologazione secondo il DM 25 per due motivi abbastanza semplici.
1) non esiste una omologazione secondo il DM 25 o una conformità al Dm 25, semplicemente bisogna rispettare ed applicare quanto scritto nel decreto.
2) tecnicamente un sistema di filtrazione , anche se usa dei componenti di qualità elevata, se non correttamente predisposti possono non funzionare o non garantire la qualità dell'impainto che è il frutto di un progetto complessivo. Esempio, utilizzo una cartuccia filtrante che rimuove odore, sapore e cloro, ma a valle sono presenti lunghi tratti di tubazione o zone di morta, il rischio di crescita microbica non è scongiurato.
Il nostro paese è noto per la capacità di "interpretare" le leggi e di escogitare sistemi per aggirarle. Una pratica molto discutibile, al limite della cialtroneria, e quella di produrre tanta carta per mostrare conformità inesistenti. Se non vi è una tracciabilità della produzione dei singoli componenti, il lavoro di validazione è molto debole, posso ad esempio portare in laboratorio un filtro costruito con un'ottima componentistica e materiale, per poi in fase di produzione cambiare il fornitore....
Non sarebbe male se il Ministero della Salute avesse un Albo dove vengono depositati i rapporti di prova e protocollati. Sarebbe un deterrente contro la fantasia di chi è bravo nel produrre carta - straccia-