Considerazioni sul nuovo Decreto Ministeriale sul trattamento dell’acqua potabile n° 25 del 22 marzo 2012
Dopo decenni di attesa a marzo del 2012 è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale la nuova Legge che disciplina il mondo del trattamento dell’acqua potabile. Sostituisce l’ormai vecchio e superato DM 443/90.
Un po’ di storia.
Il parto della Legge è stato lungo e complesso. Da parecchio tempo era evidente che il vecchio regolamento tecnico del 1990 faceva "acqua" in parecchie parti, sia perché in ritardo rispetto alle innovazioni tecniche sia perché promulgato d’urgenza per fare fronte all’allora incontrollata invasione di prodotti per il trattamento acqua, e quindi ricco di vincoli, contraddizioni e zone d’ombra. Questo ha generato uno sviluppo del mercato del trattamento dell’acqua potabile sia in abito domestico che nella ristorazione zoppo e pericoloso. Chi voleva operare in maniera corretta doveva sottostare obblighi e limitazioni irragionevoli, mentre i furbetti avevano ampi spazi di manovra nelle pieghe della legge.
Parlando di acqua destinata la consumo umano è facile immaginare le problematiche principali che manifestano in questo campo: da una parte aspetti legati alla tutela della salute (e non solo) dei cittadini e dall’altra questioni economiche rilevanti. Diversi sono state le spinte e i tentativi di legiferare in senso molto restrittivo con lo scopo non dichiarato di impedire lo sviluppo di un mercato alternativo all’acqua confezionata.
Nel vecchio Decreto del 1990 era presente l’obbligo di una autorizzazione ministeriale alla messa in commercio per tutti i filtri compositi. Un non senso che ha creato mercificazione dei pezzi di carta ed assurdi impedimenti a lavorare con prodotti privi di autorizzazione ( il tempo medio di attesa era di 3 anni ) anche se validissimi
La Commissione Europea che si occupa di armonizzare le norme sul territorio italiano ha intimato di cassare questa norma nel nuovo DM, in quanto viola in maniera palese la libera circolazione delle merci all’interno della Comunità. Vale il principio che gli impianti di trattamento distribuiti in qualsiasi stato membro della UE possono essere commercializzati in Italia a patto che ne rispettino la legislazione. Nello stesso tempo è stato chiarito che non è compito del Ministero della Salute porre vincoli tecnici e costruttivi, ( caso mai di competenza del Ministero delle Attività Produttive ).
Negli ultimi anni in Italia abbiamo ( purtroppo ) visto la crescita di aziende che promuovevano gli impianti per il trattamento dell’acqua (già) potabile in vendita diretta con tecniche truffaldine o scorrette. Abbiamo assistito a venditori che reclamavano acque “perfette” senza nessuna validità scientifica, materiale illustrativo con fantasie pericolose, aziende che non associavano le necessarie manutenzioni periodiche al prodotto, prodotti assemblati nei sottoscala senza logica e senza competenza, qualità infima dei materiali.
Il Ministero della Salute, che ha il dovere di vigilare in questo ambito, ha avuto un compito non facile, riuscire ad inquadrare l’intero settore in una legge organica che permettesse uno sviluppo serio del trattamento acqua
La Legge.
Il Decreto chiarisce si applica in tutti gli ambiti, sia quello domestico sia quello della ristorazione, è operativo per tutte quelle acque potabili destinate al consumo umano. I trattamenti per acque tecniche vengono esclusi.
I riferimenti normativi importanti del decreto sono il DL 31/2001 il DM 174/2004, il DM 37/2008 e il DL 206 del 2005 ( Codice del Consumo ).
La qualità dell’acqua erogata non deve peggiorare rispetto a quella fornita dalla rete idrica. I parametri di potabilità sono indicati nel DL 31/2001. Fra acqua in ingresso ed in uscita non ci possono esserci variazioni negative. Particolare attenzione va posta al tema dalla carica batterica. L’acqua di rete è soggetta generalmente a cloro copertura proprio per impedire lo sviluppo microbico. La rimozione del Cloro e dei suoi compisti, rende l’acqua più sana e piacevole da un punto di vista organolettico, ma questo non deve pregiudicarne la purezza batteriologica. Sta al produttore, importatore, assemblatore definire gli accorgimenti tecnici per garantire l’utente finale. Se nella vecchia legge erano presenti delle prescrizioni tecniche, ad esempio, lampada battericida a raggi UV, oggi si richiede di operare al meglio e di dimostralo. La tecnica offre diverse soluzioni per il problema. Oltre a raggi UV ad esempio le membrane cave, oppure sistemi impregnati di ioni d’argento. Il fatto che sia stato chiarito recentemente che la carica batterica a 22 e 37 °C NON costituisce parametro indicatore per le acque erogata alla spina - e quindi non sanzionabile -non significa che questo parametro possa essere richiesto e non induca a qualche dubbio o ragionamento. Molta attenzione deve essere invece posta alla Psuedomonas che è considerato patogeno e sanzionabile.
I vincoli tecnici richiesti sono pochi ed elementari , assicurare un by pass del sistema nel caso l’impianto di trattamento intercetti la conduttura principale ( ad esempio un addolcitore ), prevedere punti di prelievo dell’acqua a monte e a valle del sistema e da ultimo assicurare il non ritorno dell’acqua trattata nel circuito principale. Alcuni si sono meravigliati di leggere nel testo che il conta litri non è obbligatorio, ma questa è una lettura superficiale, il paragrafo dice che non è detto sia necessario, ma che nel caso non lo si utilizzasse deve essere individuata la corretta prassi per farne a meno. Scritta, validata e quindi con responsabilità definite. Esempio, uso uno stick chimico che cambia colore dopo 12 mesi di esposizione all’aria, e quindi indica la necessità di cambio filtro. Bene, la pratica è possibile, ma solo se la quantità d’acqua non influenza il dispositivo. Ad esempio se utilizzo una sistema a Raggi UV non ha senso il conta litri, ma se utilizzo filtro a carboni e raggi UV, non posso basarmi solo sul tempo e quindi devo inserire un contatore volumetrico. Chi ha scritto la legge ha dimostrato apertura mentale.
Il Ministero della Salute si rivolge ai diversi attori del settore imponendo l’assunzione di responsabilità per ciò che gli compete.
A chi produce, assembla o importa impianti di trattamento dell’acqua potabile destinata al consumo umano la legge richiede la conformità alla Legge sulla qualità dei materiali. Dm 174 Non devono essere nocivi e non devono avere rilasci nel tempo di sostanze potenzialmente pericolose. Non basta una autocertificazione, un laboratorio accreditato presso il Ministero della Salute deve eseguire le analisi e rilasciare certificato da custodire ed esibire a richiesta da parte delle autorità. Tale certificato non può essere la somma dei certificati dei singoli componenti, ma deve validare l’impianto completo. Ogni variazione di distinta base deve comportare variazione della documentazione tecnica. Non è detto che bisogna fare ex novo il test su tutto l’impianto, ma questa variazione deve essere giustificata.
Ogni impianto deve essere corredato da libretto d’uso e manutenzione che indichi le caratteristiche del tipo di trattamento e la sua efficacia. Non è sufficiente la menzione generica di abbattimento delle sostanze nocive. Nel libretto devono essere definiti i campi dove opera e come opera. Se utilizzo un impianti di multi filtrazione basato sui Carboni Attivi, ad esempio, nel manuale deve essere indicato la percentuale di cloro rimosso e la quantità d’acqua che può essere trattata mantenendo la stessa efficacia. Nel caso dell’osmosi inversa la cosa è decisamente più complessa in quanto devono essere indicati tutte le variazioni di parametro, e la loro efficacia nel tempo. Questi valori non possono essere generici frutto della letteratura scientifica presente, ma supportati da analisi da parte di laboratori accreditati. ( da mostrare in caso di richiesta )
Il libretto d’uso e manutenzione deve riportare la corretta procedura per la manutenzione ordinaria, in maniera tale che se eseguita, l’impianto acquista nuovamente la sua efficacia originaria. Il produttore, importatore o assemblatore può richiedere che la manutenzione sia eseguita da personale tecnico, ma questo deve essere esplicitato in maniera chiara e il cliente messo al corrente al momento dell’acquisto.
L’assenza del libretto d’uso e manutenzione rende nulla la vendita ! ( Codice del Consumo legge 206 del 2005 )
Ogni impianto deve avere una dichiarazione di conformità da parte del produttore,importatore, assemblatore sia per la parte propria del trattamento sia per la parte CE se prevista.
Il materiale informativo delle ditte venditrici non può essere generico, ma deve portare il consumatore ad una scelta ragionata. Non è ammesso creare inesistenti fobie, ne prospettare l’impianto come soluzione toccasana per bere acqua. E’ importante che il cliente posa scegliere il tipo di trattamento sia nei principi, sia nelle dimensioni. Pratiche scorrette sono sanzionate in maniera molto pesante dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
Il DM 25 2012 stabilisce che ogni affermazione sull’utilità o meno di un determinato trattamento della’acqua potabile deve essere corredata e supportata dalla letteratura scientifica accettata a livello internazionale: OMS, linee guida nazionali, o pubblicazioni su riviste scientifiche. Questo per ovviare al proliferare di fantasiosi testi che circolano su internet, per mettere al bando i "noti ed emeriti professori" della sconosciuta Università straniera...
Il Ministero si prende 180 giorni, dalla data di entrata in vigore del DM, per stendere una linea guida sui diversi sistemi di trattamento esistenti. Vedremo...
L’installazione segue il DM 37/08 che individua i soggetti abilitati ad operare nel settore. Oggi il settore pullula di aziende che non hanno i titoli. Le installazioni e le manutenzioni non seguono la regola dell’arte e sono prive della dichiarazione di conformità. Ciò comporta che nel caso di controversie il cliente ha sempre ragione e chi installa senza titolo non è coperto da assicurazione.
La legge nel suo complesso richiede una assunzione di responsabilità per tutti i soggetti che operano nel settore. Ciascuno può operare in autonomia ma deve dimostrare di operare per il meglio, con certificati e con procedure validate. Al produttore è lasciata ampia autonomia , può operare con le soluzioni tecniche che meglio crede, basta avere la documentazione di supporto. Chi vende può proporre e prospettare secondo il suo punto di vista, in maniera coerente e senza inganni. Chi installa deve garantire la qualità del lavoro eseguito. Ad ognuno il compito di individuare i punti deboli e di mettere in atto le azioni correttive per far si che il cittadino possa bere acqua tranquillamente.
E’ una legge pesante . I testi di legge più sono corti e più sono categorici. Sono individuati i soggetti e definite le responsabilità. Punto. L’acqua non deve peggiorare di qualità, non è ammesso dire fesserie, non è ammesso raccontare frottole per vendere.
Il tema delle sanzioni è forte, ogni riferimento alle leggi citate comporta che in caso di non conformità le multe partono da poco più di mille € per arrivare sino a 120.000 €